Self branding, sembra un imperativo categorico, per potersi muovere nella giungla urbana, professionale e non. Fuori da scuola, tra mamme se dobbiamo scambiarci delle informazioni ci diamo l’indirizzo del sito, a livello professionale quello che potrebbe sembrare facoltativo diventa obbligatorio. Posto che di questa morte dobbiamo morire, come ci si può muovere per lavorare alla propria immagine e al proprio self branding? Quale potrebbe essere il criterio della scelta dell’immagine da dare di sè?
Risulta evidente sul piano della logica che una scelta vale l’altra, un colore vale l’altro magari a qualità di pari eccellenza. Allora come scegliere? La stessa domanda vale nel micro come nel macro, potrebbe riguardare la cravatta, potrebbe riferirsi all’organizzazione di un evento, all’organizzazione di una cena romantica, oppure essere inerente al sito e alla professione, spaziare dall’abito, ad una presentazione power point…….. Prima di tutto perchè la cosa funzioni è necessario staccarsi completamente dalla moda, dai condizionamenti socio culturali, dai consigli di amici, fidanzate, mogli, mariti, figli ( naturalmente senza dire niente a nessuno per ragioni di ovvia autoconservazione). Creare un vuoto dalle macerie delle nostre idee acquisite, preconcette e magari passate per buone è un’impresa che già di per sè risulta eroica, ma possibile e necessaria. Dopo aver fatto il vuoto necessario inizia la ricerca, chi sono? Cosa mi piace? Cosa mi fa stare bene? Cosa mi riesce facile? Quali sono i miei talenti? Quale colore mi piace? Quale colore mi sta bene? Cosa mi muove? Dove voglio andare? Che messaggio voglio dare? E via di questo passo, per chi volesse osare andare oltre le temutissime colonne d’Ercole dell’esistere umano ci si potrebbe interrogare pensando che magari tra poche ore il destino ci chiama, allora, quali sono le priorità? Se dovessi andare nei campi Elisi tra tre ore, come vorrei fare il mio power point? E il sito? Con che cravatta voglio incontrare Caronte? Ah ricordatevi l’obolo per il trasporto, neanche nell’aldilà è gratis….
Allora si potrebbe pensare di legare l’immagine di quello che si fa a quello che si è veramente, e pensare di scommettere davvero sull’unica cosa che ci accompagnerà sempre, noi stessi. Negli ambienti competitivi, quasi tutti, sembra più efficace indossare immagini, come abiti, ma esiste una alternativa, che include la completezza, un senso di identità, certo non è più facile, ma equivale alla pillola della verità che Morfeo distribuisce in Matrix. Legare l’azione alla propria individualità permette di essere una individualità. Secondo Schiller, l’uomo è se stesso, intero, integro solo quando gioca, e l’arte rappresenta il gioco per i grandi, sperimentando l’unità che abbiamo perso strada facendo, attraverso un percorso artistico ritroveremo noi stessi e la nostra immagine, il brand sarà coerente, coeso, forte, vincente, oltre le mode, nel non tempo. Ci sono cose che funzionano sempre, come le fragole con la panna……